venerdì 20 dicembre 2013



La necessità del breviario della Moda nasce dall' esigenza di darle la giusta importanza: molte volte infatti viene presa "sottogamba", apparentemente futile e leggera. Invece la Moda è un fenomeno che abbraccia tutta la nostra storia perchè vi attinge per darsi nuova forma e nuovi spunti, ha attraversato diverse fasi e periodi storici.
Per questo è importante approfondire la nostra storia, studiare il passato ci da le basi per capire l evoluzione del presente e le sue motivazioni, dobbiamo avere conoscenze più radicate, non basate su una veloce ricerca che ci troviamo davanti dopo aver fatto un 'clik'.
Inoltre la Moda non riguarda solo abiti (come spesso si pensa), ma è un qualcosa che riguarda tutte le persone del mondo: anche se 'non si vuole fare moda', la si fa! Involontariamente. Non vestirsi come dettano le mode è moda, essere rivoluzionari è moda, vestirsi nel modo più semplice possibile è moda. Facciamo Moda anche non volendo.

Più stiamo attenti vestendoci con 'modernità', più vogliamo collocarci  nella storia attuale, anche se la Moda ripropone vecchi trend (rivisti da capo a piedi, ma pur sempre già esistenti)che ritornano sulla scena.
Lo scopo del breviario è anche quello di affrontare in modo cronolgico l'evoluzione della Moda nei secoli, il perchè dei bustini o delle cravatte. Tutte queste cose hanno motivi e idee dietro, ci son delle ragioni del perchè esistono e tutto ciò è legato alla storia. Noi siamo travolti dalla Moda. Essendo senza confini, essa cambia per nazione, per necessità lavorative, climatiche, politiche e sociali (proprio in quest'ultimo troviamo veri e propri tentativi di esclusione sociale).

Negli anni, gli abiti hanno avuto forme e accessori particolari, mirati a modificare il corpo di chi li indossa per adattarlo ai canoni del periodo, canoni estetici che variavano secondo i tempi e luoghi.
Prendiamo, ad esempio, le gonne allargate con le imbottiture: oggi potremmo paragonarle alle nostre gonne a 'palloncino' (come abbiamo detto prima, la Moda ripropone in forma rivisitata). 
Se i primi cerchi erano costruiti con materiali rigidi, nella Spagna del 400/500 si costruivano con i verdugali, stecche concentriche di materiale flessibile, denti di balena (flessibili) o in vimini. Portati prima sopra e poi sotto la gonna, i cerchi vennero criticati dalla comunità ecclesiastica, sostenendo che non solo rendevano le donne deformi ma veniva visto come un rifiuto del corpo che Dio aveva creato. Inoltre i colori  dovevano essere naturali, qualsiasi trucco o acconciatura mirato ad ingannare l'occhio di chi guarda veniva condannato.
 I verdugali spagnoli si adottarono anche in Francia, Italia ed Inghilterra in forme diverse, esagerate, mirate ad 'allontanare' le classi inferiori nel caso di Elisabetta, quindi non solo per questioni estetiche. Erano vere e proprie costruzioni al limite della vestibilità, che poco dopo vennero usate anche fuori dalla corte. 
Parente del verdugale era il ''guardifante", creato in Francia nell'età barocca e proposto in Spagna, veniva usato principalmente per nascondere le gravidanze (in Italia fu severamente vietato da norme restrittive per lospreco di tessuto).
Arrivano nel secondo Seicento, linee più eleganti e naturali, ma sempre con lievi rigonfiamenti. Questo cambiamento venne adottato grazie all'arrivo di tessuti leggeri dall'India come il cotone, le gonne avevano più cerchi ed era il periodo dell'Andrienne, una veste larga e molto comoda che dava però l'impressione di una vita stretta e una silhouette sottile.

Grande successo ebbero poi I rigofiamenti ai lati della gonna, detti 'paniers', come i cesti che venivano messi agli asini per il trasporto di merci. Diventarono indumento necessario alla vita di corte: erano segno di cura estetica, attenzione all'etichetta e armoniosità del corpo. Successivamente vennero accompagnati da parrucche e ornamenti per il capo, anche molto esagerati, che rendevano impossibili i movimenti, rendendo le donne manichini da esposizione. 
nell'età della Restaurazione,dopo gli anni Napoleonici, le vesti ritornarono sontuose con i rigonfiamenti, dopo aver avuto linee più comode e funzionali alla fine del Settecento: la gonna doveva partire dalla vita larga e soffice, dando l'idea di un vitino sottile che spuntava da una nuvola di soffice tessuto, come un fiore. Per mantenere la forma della gonna si iniziò ad usare la criolina, sottogonna di crine lavorato, che sollevava anche la gonna da terra. Le gonne erano così gonfie anche perchè avevano vari strati di tessuto e la criolina rendeva tutto leggero ed ondeggiante, oltre che molto scomodo.
Nel novecento tutti i rigonfiamenti ai lati sparirono per andare nalla parte posteriore (infatti chiamati tornure o fax cul), enfatizzando il punto vita. Novità per le donne nel XIV e nel XV secolo fu la hoppelande, sia in Italia che in Francia: un vestito prèmaman. 
Infinine la liberazione da costrizioni per il corpo femminile fu dato da Coco Chanel, una nuova moda senza bustini e forme estranee al corpo, mentre Christian Dior ripropose le gonne larghissime e i corsetti, che non passeranno mai di moda.      
               
                                                                                                                         Tea Azzena

lunedì 9 dicembre 2013

SVENDSEN "FILOSOFIA DELLA MODA"

Filosofia deriva dal greco “phileiv”, “amare”, e “sophia”, “sapienza”; amore per la sapienza che ha come tèlos la riflessione sul mondo e in particolare sull’uomo, sulla comprensione della sua identità.
Identità che l’uomo tenta di mostrare al mondo esterno tramite non solo comportamenti e atteggiamenti, ma anche attraverso ciò che, secondo Hélène Cixous, sono il prolungamento del nostro corpo: gli abiti. Questi, infatti, non sono qualcosa di esterno rispetto all’identità dell’individuo, bensì sono parte dell’individuo stesso, perché l’uomo si relaziona con gli altri ed esprime se stesso attraverso l’apparenza esteriore che è indissolubilmente legata alla moda. L’esteriorità deve quindi corrispondere all’interiorità, perciò gli abiti divengono una chiave di lettura della realtà nel “Sartor Resartus” di Thomas Carlyle, dove “tutto l’Universo esteriore e tutto ciò che nell’Universo è contenuto non è che Veste: la Essenza di ogni Scienza si trova nella filosofia degli abiti”. Egli comprende l’importanza decisiva degli abiti e della moda nella costituzione dell’io umano, mostrando la possibilità di rendere la moda un soggetto dell’indagine filosofica, in quanto tra essa e l’identità del singolo esiste una connessione, e scandagliare l’io umano è uno degli obbiettivi della filosofia.
La moda è talmente determinante nella costituzione sociale del sé che l’identità non proviene più dalla tradizione, bensì ognuno, di libera iniziativa, sceglie chi vuole essere, o meglio, chi vuole interpretare, ma paradossalmente talvolta si vuole palesare la propria identità specifica in modo così lapalissiano che si finisce per essere “espressione di un’impersonalità astratta”.
Il concetto di moda non si limita solo al campo dell’abbigliamento, bensì ha un retaggio molto più ampio in quanto, secondo il filosofo e sociologo George Simmel, “fenomeno diffuso applicabile a tutti i campi sociali”.
Si può quindi parlare di moda come una logica, un meccanismo generale, che ruota intorno a rapidi cambiamenti, sia che siano cambiamenti generali nelle abitudini di vita, come per Kant, sia che siano cambiamenti in ambito morale, come per Novalis. Cambiamento che risulta essere, secondo il pensiero di Elisabeth Wilson, il tratto caratteristico della moda, il quale, però, non può essere ritenuta una condizione necessaria e sufficiente, poiché tutto cambia, ma non tutto necessariamente è moda.
Da questa impossibilità di definire il suddetto vocabolo come segnalazione di una determinata caratteristica applicabile a diversi ambiti, Svendsen utilizza l’approccio wittgensteniano chiamato “somiglianze di famiglia”: non essendovi tratto comune che incorpori tutti i giochi, essi sono legati tra loro da una rete di somiglianze, così come .la moda. Diretta conseguenza di ciò è l’impiego di esempi su ciò che è, o meno, moda.
Possiamo chiamare moda un cambiamento frequente desiderato in sé e per sé, perciò la sua origine è stata collocata nel tardo Medioevo durante lo sviluppo del capitalismo mercantile, in quanto in questo periodo le modificazioni delle forme degli abiti, e quindi nell’abbigliamento della gente, avvenivano in modo sostenuto e per piacere del cambiamento fine a se stesso.
Questa concezione raggiunse il suo acmè nel XVIII secolo, ove il vestiario venne usato per far sfoggio del proprio status sociale, ostentazione necessaria nella lotta di potere tra borghesia cittadina e aristocrazia feudale, e ove le innumerevoli pubblicazioni di riviste specialistiche aumentarono la velocità di informazione sulle mode del momento.
Moda del “momento” letteralmente, perché dal Settecento in poi i cicli tra un cambiamento e l’altro cominciano a diventare sempre più ravvicinati: l’essenza della moda è il cambiamento per giungere al “nuovo”, perché “è la novità che fa amare la moda” (Kant).
Questo spirito di rottura rispetto alla tradizione, di liberazione dalle autorità, a detta di Nietzsche, dove “ogni nuova Moda è […] sovvertimento contro l’oppressione della vecchia Moda” (Roland Barthes) e il costante anelito al “nuovo”, accomunano moda e modernità. Il discrimen tra i due concetti risiede nel fatto che la modernità vede se stessa come un cambiamento che conduce verso un’autodeterminazione sempre più razionale, mentre il “nuovo” nella moda in realtà coincide con il cambiamento seguente, senza lo scopo di migliorare un oggetto (ad esempio rendendolo più funzionale), quindi la vera essenza della moda è il cambiamento per il puro cambiamento.
Possiamo apostrofare la moda come “irrazionale” proprio per il fatto che non ha altro scopo se non quello di essere potenzialmente infinita, di creare “nuove forme e costellazioni all’infinito”.
Le novità delle tendenze, però, nascono sulla base di quelle precedenti, quindi esiste un limite a questa infinita novità che la moda si propone di trovare in un lasso di tempo sempre più ridotto, sempre più incalzante.
Tempo e spazio sono stati talmente compressi che hanno portato alla deformazione della temporalità della moda stessa: da lineare a ciclica, quasi un “anakyklosis” polibiana in cui l’introduzione di una moda prevede il degenero di essa e l’immediata sostituzione con un’altra, dove la vera novità non risiede nel ricreare nuove forme, ma nel giocare con quelle vecchie, un gioco tra ricordo del passato per riciclarlo e oblio del medesimo.
L’essenza della moda è sì cambiamento, ma soprattutto fugacità del cambiamento stesso, ove quest’ultimo coincide con il riciclo rielaborato di mode passate, il nuovo che caratterizza la categoria del presente coincide paradossalmente con il passato.
Il riciclaggio, dagli anni Novanta in poi, ha raggiunto un ritmo talmente frenetico da annullare l’intervallo di tempo che esisteva tra una moda e l’altra, caratterizzando il presente come una copresenza e contemporaneità di tutti gli stili, tanto che “nella società moderna nessun abito resta al di fuori della moda” (Elisabeth Wilson).
La logica sostitutiva, nella quale una tendenza nuova subentrava a quelle vecchie, viene surclassata da una logica suppletiva, dove una moda si aggiunge alle precedenti, dove le mode “si accumulano”, dove la moda non è un qualcosa in fieri, non c’è alcun progresso, vi è solo un continuo riciclo.
“Se la moda si è trasformata in riciclaggio, allora può anche permettersi di riciclare se stessa” giungendo molto probabilmente all’annichilimento.



Chiara Cesaraccio






lunedì 2 dicembre 2013

Visita alla mostra di Antonio Possenti




Antonio Possenti exhibition


 

Today I went to ''Pallazzo Pitti '' to meet the galleries and check an exhibition that presents thirteen masterpieces that belongs to the Museum D' Orsay from Paris. These works were impressionists and among the painters were Monet , Renoir and Degas . I don't even need to say that it was wonderful , I loved . But there was an exhibition that surprised me even more from an artist called Antonio Possenti . I was walking through the palace and suddenly I ran into this room full of works from this artist, I was curious so I decided to check it out. The exhibition is called ''Della magia e dello stupore’’(Magic and Wonder) and it's really magical and wonderfull, magical even in the meaning of a ''spell''. It may seems strange but only those who entered that room know what I mean. At least that's what I felt . His works surprised me, the colors vibrates and leads our eyes to it, the drawings, mostly of fish or beings linked to the water, were mad and full of meaning. For a minute , when I was looking at a painting I thought about Salvador Dalì and then wondered why. The answer I got was that the Antonio's art seemed to represent the oneiric's universe because it reminded me of the confusions and wonders of a dream. Antonio Possenti was born in 1933 here in Tuscany, Lucca . This is his website for those who want to know more about his life and work : www.antonio-possenti


                                                                                                          Bianca Caterina
 

Visita a San Gimignano


                                                       ''San Gimignano''
    Today I went to San Gimignano, a small fascinating medieval city in Tuscany. The city that is surrounded by walls and thirteen towers transports us to the medieval times with its small streets that forms a maze and all those buildings that are all preserved. At old times the towers meant power so during the XII and XIII centuries the families built them to show how important they were; the higher is your tower more powerful you are. The city prospered because was located on the path from north to Rome. At the same time that it’s a very small city there are a significant range of good restaurants, arts and shops. The city that is on the top of a hill has an amazing landscape to take pictures, appreciate and feel the airs of Tuscany. Is the second time that I've been there and I would go many other just to enjoy the beauty of the place so I recommend to everyone. That’s a short narrative about my journey in Tuscany.
                                                                                                                        Bianca Caterina